TRAVELCHIPS IN MADAGASCAR: Diario di Viaggio – DAY 3, l’Oceano Indiano

Dopo una colazione veloce al Grand Hotel, ci rimettiamo subito in marcia in direzione delle famose Tre Baie. Per fortuna erano poco distanti, ed in appena mezz’ora di auto già eravamo alla prima, la più bella, quella di Sakalava.

Seppur si trattasse di un breve tragitto, non è stato privo di soste per apprezzare le bellezze e le tradizioni del popolo malgascio. Appena fuori città, ci siamo fermati per ammirare l’isolotto Nosy Lonjo, soprannominato Pain de Sucre o Pan di Zucchero per la somiglianza con l’omonimo brasiliano di Rio de Janeiro, di maggiore dimensione e fama. Carlo la guida ci ha raccontato che quest’isolotto per la popolazione locale è un luogo sacro, a cui rivolgono le preghiere e al quale portano molto rispetto (è un tabù ad esempio indicarlo, è una mancanza di rispetto).

Proseguendo arriviamo alla Baia di Sakalava, che si presenta subito in tutta la sua maestosità con un enorme baobab di oltre 700 anni, gigantesco e imponente; si trattava de primo baobab che incontravamo e devo dire la verità, mi ha emozionato toccare qualcosa di così antico e maestoso.

Arrivati alla baia vera e propria, l’impatto è stato indescrivibile: posto completamente deserto, una spiaggia bianca immensa, l’Oceano Indiano che si estende a perdita d’occhio con un’acqua così cristallina da essere quasi invisibile. In lontananza c’erano dei ragazzi che approfittavano del vento per praticare kitesurf, tutto era semplicemente perfetto. Io e Alberto abbiamo subito iniziato a farci milioni di foto da bravi vanitosi quali siamo, incastrando quel santo di Carlo come fotografo ufficiale per la giornata (o per meglio dire per tutta la vacanza)!

Dopo una breve passeggiata, siamo ripartiti alla volta della seconda baia, la Baia del Piccione, anch’essa completamente deserta quindi tutta per noi. Da bravi furboni subito abbiamo pensato di spalmarci a terra ed abbronzarci, dimenticando che se sei all’equatore dopo 3 minuti il sole ti cuoce completamente non solo la pelle, ma soprattutto il cervello. Quindi onde evitare di rimanerci secchi e di rovinare il resto del tour, saggiamente abbiamo deciso di metterci all’ombra, pranzare (eh si, era pure ora di pranzo quindi momento ideale per prendersi una bella insolazione) e goderci il bellissimo panorama.

La terza baia, detta Baia delle Dune, l’abbiamo vista di sfuggita, in quanto il nome era una vera e propria garanzia, e per raggiungerla si dovevano scalare dune gigantesche, sempre sotto il sole delle 2 del pomeriggio.

Lungo la strada del ritorno, ci siamo imbattuti in un vero e proprio spettacolo naturale: Il Mare di Smeraldo, La Mer d’Emeraude, così chiamato per le incredibili sfumature che lo compongono, una laguna dalle acque cristalline, scogliera di coralli dai pesci multicolore, frutti di mare, sabbia dorata.

Il tutto era reso ancora più particolare e suggestivo perché stavamo ammirando questa meraviglia da un’altura su cui era ancora presente una base militare dell’epoca coloniale francese (Base di Orangea), completamente abbandonata ed in disuso da tantissimi anni. Era rimasto tutto come 50 anni fa: il faro, i dormitori, addirittura i bagni.

Appena usciti dalla base militare, abbiamo attraversato la spiaggia di Ramena, pienissima di venditori di rum, che abbiamo scoperto essere molto consumato soprattutto da specifiche etnie. Noi eravamo cotti dal sole, c’erano più di 30 gradi, se avessimo anche solo assaggiato il loro rum credo che avremmo avuto qualche problemino a tornare in stanza sulle nostre gambe!

Una giornata rilassante in spiaggia era quello che ci voleva dopo l’avventura in macchina del giorno prima (se te la fossi persa, clicca QUI per scoprire cosa ci è capitato)!

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